Pubblicato su Sole24Ore – Nt Lavoro – il 13/02/2025
Accertato il potere di conformazione o specificazione della prestazione da parte del committente, diventa irrilevante l’indagine sulla proprietà dei mezzi adoperati e sul rischio di impresa dell’appaltatrice.
Court of Cassation Corte di cassazione, con la sentenza 3280 del 9 febbraio 2025.
Nel caso di specie, la Corte territoriale rilevava l’utilizzo distorto del contratto di appalto ravvisando in capo alla committente gli elementi caratterizzanti della veste datoriale, quindi ricostituiva il rapporto di lavoro in capo a quest’ultima, escludendo che il licenziamento intimato dall’appaltatrice potesse essere imputato alla società che aveva effettivamente utilizzato la prestazione, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del Dlgs 81/2015, disposizione oggetto di interpretazione autentica ad opera dell’articolo 80-bis del Dl 34/2020.
La società ricorreva in cassazione, sollevando in via preliminare l’eccezione di decadenza per omessa impugnazione dei contratti di appalto entro 60 giorni dalla cessazione di ciascuno di essi.
Sotto diverso profilo, per la società la Corte d’appello aveva erroneamente qualificato come eterodirezione le istruzioni impartite dalla committente, in realtà espressione di mero coordinamento, ignorando altri indici rilevanti la legittimità dell’appalto, tra cui l’impiego di mezzi dell’appaltatore e l’assunzione di un rischio di impresa, desumibile dalla previsione di penali in caso di ritardi o inadempimenti.
Per la Corte di cassazione, entrambi i motivi sono infondati.
Con riferimento all’eccezione di decadenza, la Corte di legittimità rammenta che il licenziamento intimato dall’appaltatore, datore di lavoro formale, non determina l’operatività della decadenza ex articolo 32, comma 4, lett. d), della legge 183/2010 con riguardo all’azione del dipendente volta alla costituzione o all’accertamento del rapporto di lavoro nei confronti dell’appaltante, datore di lavoro effettivo, salvo questi neghi, con atto scritto, la titolarità del rapporto (Cassazione 6266/2024, 40652/2021).
In merito ai requisiti di legittimità dell’appalto, la Corte ricorda che si configura intermediazione illecita tutte le volte in cui l’appaltatore mette a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo al medesimo i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto, senza una reale organizzazione della prestazione stessa.
Il legislatore, infatti, se da un lato consente all’appaltatore, in relazione alle peculiarità dell’opera o del servizio, di limitarsi a mettere a disposizione dell’utilizzatore la propria professionalità intesa come capacità organizzativa e direttiva delle maestranze, a prescindere dalla proprietà di macchine e attrezzature, dall’altro ritiene imprescindibile ai fini della legittimità dell’appalto che sia l’appaltatore a organizzare il processo produttivo con impiego di manodopera propria, esercitando nei confronti dei lavoratori un effettivo potere direttivo.
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno rilevato che i dipendenti della committente impartivano disposizioni specifiche e costanti sulla concreta esecuzione dell’attività ai dipendenti dell’appaltatrice, esercitando così un vero e proprio potere conformativo, escludendo alcun ruolo organizzativo o direttivo da parte della formale datrice di lavoro, impegnata unicamente in adempimenti di natura amministrativa.
Una volta accertato il potere di conformazione o specificazione della prestazione da parte del committente, inteso come potere di dettare disposizioni dettagliate e continuative per ottenere una prestazione stabilmente integrata nel ciclo produttivo e atta a soddisfare l’interesse datoriale (e non quindi un risultato autonomo), diventa irrilevante l’indagine sulla proprietà dei mezzi adoperati e sul rischio di impresa, trattandosi di elementi indiziari privi di portata dirimente, specie alla luce del complessivo accertamento svolto.