Pubblicato su Sole24Ore – Nt Lavoro – il 10/09/2024
La naturale onerosità del patto di non concorrenza dell’agente non è inderogabile, in quanto non presidiata da una sanzione di nullità espressa e non diretta alla tutela di un interesse pubblico generale.
Così la Corte di cassazione, con l’ordinanza 23331 del 29 agosto.
Il caso trae origine dal ricorso di un agente, il quale pretendeva il pagamento dell’indennità per patto di non concorrenza post contrattuale, di durata biennale, dovutagli ai sensi dell’articolo 1751 bis del Codice civile .
Il Tribunale rigettava il ricorso, accogliendo la tesi della società preponente secondo cui l’indennità per il patto di non concorrenza era stata legittimamente quantificata in percentuale rispetto alle provvigioni maturate e pagata congiuntamente a queste, salvo successivo conguaglio, come contrattualmente stabilito.
Anche la Corte d’appello rigettava la domanda proposta dall’agente, ritenendo infondata la tesi per cui l’indennità per il patto di non concorrenza post contrattuale doveva essere corrisposta separatamente dalle provvigioni e al termine del rapporto di agenzia.
Questa tesi, secondo la Corte d’appello, non è supportata né dal tenore letterale delle norme, né dalle loro finalità.
Come già stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, la libertà delle parti di derogare alla naturale onerosità del patto implica la libertà di regolare diversamente le modalità di liquidazione e pagamento dell’indennità (Cassazioni 12127/2015 e 13706/2017).
L’agente ricorreva in cassazione, lamentando la nullità della clausola contrattuale per cui una percentuale dell’indennità era già ricompresa nei compensi provvigionali al medesimo spettanti, in quanto contraria all’articolo 1751 bis del Codice civile, in base al quale l’accettazione del patto di non concorrenza comporta, alla cessazione del rapporto, la corresponsione all’agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale.
La Corte, investita della questione, rigetta il ricorso dell’agente, ritenendo conforme all’ordinamento la tesi sulla derogabilità delle previsioni in materia di compenso per patto di non concorrenza.
Come già chiarito dalla citata giurisprudenza di legittimità, infatti, la corresponsione all’agente di un’indennità per l’obbligo di non concorrenza post-contrattuale non è prevista a pena di nullità, pertanto le parti sono libere di concordare che all’obbligo non sia correlato alcun corrispettivo.
Di conseguenza, «la naturale onerosità del patto di non concorrenza non è inderogabile, in quanto non presidiata da una sanzione di nullità espressa e non diretta alla tutela di un interesse pubblico generale». Ciò implica la derogabilità della disciplina del patto di non concorrenza ad opera delle parti e l’inesistenza della nullità della clausola contrattuale impugnata, che ha previsto la liquidazione anticipata di un’indennità di natura provvigionale.
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha correttamente riconosciuto che se l’indennità per patto di non concorrenza è derogabile nell’an, essa può essere, a fortiori, derogata anche nella modalità di liquidazione e di pagamento.