Pubblicato su Sole24Ore – Nt Lavoro – il 24/07/2025
L’aliunde perceptum maturato nei primi cinque mesi successivi al licenziamento è irrilevante rispetto al risarcimento minimo dovuto in base all’articolo 2, comma 2, del Dlgs 23/2015. Così la Corte di cassazione, con l’ordinanza 20686/2025 del 22 luglio.
Il caso trae origine dal licenziamento di un dipendente per giustificato motivo oggettivo, in regime di Jobs act, dichiarato inefficace dalla Corte d’appello di Napoli in quanto intimato oralmente.
La Corte d’Appello, non potendo disporre la reintegra perché l’azienda era cessata, ha condannato la datrice di lavoro al pagamento delle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento fino alla sopraggiunta impossibilità totale della prestazione, detratto l’aliunde perceptum.
Il lavoratore ha impugnato la sentenza poiché, avendo trovato una nuova occupazione il mese successivo al licenziamento, non ha percepito il risarcimento minimo di cinque mensilità previsto dall’articolo 2, comma 2, del Dlgs 23/2015, stante la detrazione subita di quanto percepito alle dipendenze della nuova azienda.
La Cassazione, in primo luogo, ha ritenuto ammissibile il ricorso, perché il lavoratore ha dimostrato che il suo interesse all’accertamento dell’incomprimibilità della misura risarcitoria delle cinque mensilità è sorto solo a seguito della pronuncia della Corte d’appello, che ha detratto l’aliunde perceptum.
In secondo luogo, la Suprema corte ha riportato il testo della norma citata evidenziando come, da un lato, preveda la possibilità di dedurre dall’indennità risarcitoria quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, e dall’altro stabilisca che, in ogni caso, «la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto».
La Corte richiama un risalente, ma incontestato, principio per cui l’aliunde perceptum del lavoratore illegittimamente licenziato riguarda il danno eccedente la misura minima, pari a cinque mensilità di retribuzione, garantita dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (Cassazione 3205/1992 e 5645/1996).
Per la Cassazione, tale principio è senza dubbio applicabile anche nell’ambito del licenziamento orale regolato dal Dlgs 23/2015. Pertanto, nell’ambito del contratto a tutele crescenti, in caso di licenziamento dichiarato illegittimo in base all’articolo 2, comma 1, del Dlgs 23/2015, con condanna del datore al risarcimento dei danni secondo il comma 2 dello stesso articolo, al lavoratore compete la misura minima risarcitoria delle cinque mensilità anche nel caso in cui abbia trovato alternativa occupazionale prima del decorso di cinque mesi, restando irrilevante l’aliunde perceptum maturato nel detto periodo.