Pubblicato su Sole24Ore – Nt Lavoro – il 13/10/2023
Il fatto che la retribuzione corrisposta sia prevista da un CCNL sottoscritto da organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative, non è di per sé sufficiente a far ritenere la misura della retribuzione ex se conforme all’art. 36 Cost. e quindi non preclude il sindacato giurisdizionale ed eventualmente la declaratoria di nullità della clausola collettiva se in contrasto con la norma costituzionale.
Così la Corte di cassazione, con la sentenza n. 28323 del 10 ottobre 2023.
Nel caso di specie, il dipendente lamentava la nullità dei minimi tabellari previsti dal CCNL (servizi fiduciari) applicato al suo rapporto di lavoro in quanto non conformi ai precetti dell’art. 36 Cost. e per l’effetto pretendeva le differenze retributive derivanti dall’applicazione dei minimi tabellari di un differente CCNL (multiservizi o, in subordine, terziario).
La Corte d’Appello di Milano, riformando la sentenza di primo grado, accoglieva le pretese del lavoratore, evidenziando che:
a) i minimi tabellari previsti dalla contrattazione collettiva sono assistiti da una presunzione iuris tantum di adeguatezza della retribuzione;
b) nella verifica della retribuzione proporzionata e sufficiente il giudice deve prendere in considerazione solo quegli istituti che costituiscono il c.d. minimo costituzionale;
c) non esiste un principio di parità di trattamento in materia;
d) in giurisprudenza il criterio della proporzionalità è stato ritenuto prioritario rispetto a quello della sufficienza;
e) la proliferazione dei contratti collettivi nell’ambito della medesima categoria determina difficoltà nella selezione del CCNL applicabile e in alcuni settori gli stessi contratti collettivi, stipulati da organizzazioni sindacali sicuramente rappresentative, prevedono minimi salariali particolarmente bassi;
f) per la Suprema Corte è nulla la retribuzione tabellare inferiore alla soglia minima della sufficienza (Cass. n. 546/2021);
g) il fatto che la retribuzione corrisposta sia prevista da un CCNL sottoscritto da organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative, non è di per sé sufficiente a far ritenere la misura della retribuzione ex se conforme all’art. 36 Cost. e quindi non preclude il sindacato giurisdizionale ed eventualmente la declaratoria di nullità della clausola collettiva se in contrasto con la norma costituzionale.
In virtù di quanto sopra, i giudici di merito hanno ritenuto non conforme all’art. 36 Cost. la retribuzione prevista dal CCNL applicato al rapporto di lavoro, significativamente inferiore a quella prevista dai CCNL invocati dal ricorrente, condannando la società a corrispondere le relative differenze retributive.
La Società ricorreva in cassazione, lamentando l’impossibilità di invocare l’art. 36 Cost. per i rapporti di lavoro tutelati da un contratto collettivo.
La Suprema Corte, con una lunga disamina dei principi che regolano questa materia, conferma la pronuncia dei giudici di merito, rivendicando il sindacato giurisdizionale sulla conformità all’art. 36 Cost. dei minimi tabellari di tutti i CCNL.
In via di premessa, la Corte rammenta come l’art. 36 Cost. garantisca due diritti distinti, che si integrano a vicenda nella determinazione della retribuzione: quello ad una retribuzione proporzionata, che stabilisce un criterio positivo di carattere generale e quello ad una retribuzione sufficiente, che rappresenta un limite negativo e invalicabile. Di conseguenza, nell’effettuare la valutazione di conformità, l’indice ISTAT di povertà può rappresentare una soglia minima invalicabile, ma di per sé «non è indicativo del raggiungimento del livello del salario minimo costituzionale che, come già rilevato, deve essere proiettato ad una vita libera e dignitosa e non solo non povera».
Secondo la Corte, spetta al giudice di merito valutarne la conformità ai requisiti indicati dall’art. 36 Cost., mentre il lavoratore che deduca la non conformità della retribuzione corrispostagli dal datore di lavoro all’art. 36 Cost., deve provare solo il lavoro svolto e l’entità della retribuzione, e non anche l’insufficienza o la non proporzionalità che rappresentano l’oggetto dell’accertamento giudiziale.
Sotto il profilo del quantum, la Corte reputa infondata la tesi secondo cui ai fini dell’art.36 Cost. bisogna prendere a riferimento il trattamento complessivo della retribuzione, comprensivo della retribuzione per lavoro straordinario che, al contrario, andrebbe escluso in termini generali, sia perché si tratta di un emolumento eventuale e non ordinario. Sotto diverso profilo, per la Suprema Corte il giudice può motivatamente utilizzare parametri anche differenti da quelli contrattuali e «fondare la pronuncia, anziché su tali parametri, sulla natura e sulle caratteristiche della concreta attività svolta, su nozioni di comune esperienza e, in difetto di utili elementi, anche su criteri equitativi». Inoltre, ai fini dell’accertamento giudiziale ex art. 36 Cost. possono venire in rilievo i criteri degli indicatori e dei valori di riferimento associati per orientare la valutazione degli Stati circa l’adeguatezza dei salari minimi legali, menzionati nel considerando n. 28 (e richiamati anche nell’art. 5 della Direttiva UE 2022/2041 del 19 ottobre 2022 “relativa a salari minimi adeguati nell’Unione Europea”). Dunque, per gli Ermellini il riferimento al salario di cui al CCNL integra solo una presunzione relativa di conformità a Costituzione, suscettibile di accertamento contrario.
Per la cogenza dell’art. 36 Cost., infatti, nessuna tipologia contrattuale può ritenersi sottratta alla verifica giudiziale di conformità ai requisiti sostanziali stabiliti dalla Costituzione con norma precettiva di rango sovraordinato. Secondo i giudici di legittimità «non cambia, e non può cambiare (considerata l’inderogabilità dell’art. 36 Cost.) la sperimentata regola della presunzione iuris tantum, salvo prova contraria, di conformità del trattamento salariale stabilito dalla contrattazione collettiva alla norma costituzionale: essa opera non solo “in mancanza di una specifica contrattazione di categoria”, ma anche “nonostante” una specifica contrattazione di categoria».