Pubblicato sul Sole24Ore – NT Lavoro – il 18/11/2022
Il caso esaminato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 33492 del 14 novembre 2022 trae origine da una procedura di licenziamento collettivo avviata per crisi aziendale, conclusa con accordo sindacale in cui si dava atto dell’intenzione della società di licenziare tutti i dipendenti, in vista della cessazione definitiva dell’attività.
Un mese dopo aver intimato i licenziamenti, la società cedeva tuttavia in affitto l’azienda a una newco all’uopo costituita.
Ad avviso del Tribunale, l’attività della società non era mai stata cessata e il contratto d’affitto d’azienda dissimulava in realtà un trasferimento d’azienda sulla base dell’articolo 2112 del codice civile, stante l’identità di oggetto sociale della cedente e della cessionaria, l’utilizzo da parte della cessionaria degli stessi stabilimenti e beni aziendali della cedente, lo svolgimento dell’attività con gli stessi clienti e fornitori.
L’aver omesso le reali intenzioni della società nella comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo inficiava l’intero iter della procedura, stante la violazione dell’obbligo di fornire le informazioni ex articolo 4, comma 3, legge 223/1991, con conseguente illegittimità dei licenziamenti.
I rapporti di lavoro illegittimamente cessati dalla cedente, dunque, dovevano considerarsi in essere al momento della stipula del contratto di affitto e proseguiti con la cessionaria, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2112 codice civile.
La sentenza del Tribunale, confermata integralmente in Corte d’appello, veniva impugnata in cassazione da cedente e cessionario, che negavano la sussistenza di una cessione d’azienda e sostenevano che il passaggio dei lavoratori alla cessionaria presupponeva, in ogni caso, l’esistenza dei rapporti di lavoro al momento del trasferimento.
In merito alla sussistenza di un trasferimento d’azienda, la Corte di legittimità rileva come i ricorrenti non abbiano contestato la complessa ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha ritenuto l’intera operazione di licenziamento collettivo, di cessazione dell’attività e di affitto di azienda, elusiva delle disposizioni di cui all’articolo 2112 del codice civile.
Per la cassazione, nessun pregio può attribuirsi alla sfasatura temporale tra la cessazione dell’attività della cedente e la costituzione della cessionaria – come rilevato dai ricorrenti – atteso che, dal punto di vista logico e giuridico, la conclusione del contratto di affitto di azienda presuppone necessariamente la contemporanea esistenza dei due soggetti giuridici.
Sotto diverso profilo, richiamando il proprio consolidato orientamento, gli Ermellini rilevano che i rapporti di lavoro illegittimamente cessati prima del trasferimento d’azienda proseguono con il cessionario «senza che rilevi l’anteriorità del recesso rispetto al trasferimento d’azienda», salva la possibilità per il cessionario di opporre le eccezioni relative al rapporto di lavoro, alle modalità della sua cessazione o alla tutela applicabile al cedente avverso il licenziamento, a prescindere dalle difese spiegate da quest’ultimo e dalla formazione del giudicato nei suoi confronti ed in favore del lavoratore (v. Cassazione 4130 del 2014; Cassazione 5507 del 2011).