La locuzione “fino alla sottoscrizione del nuovo CCNL” indica la volontà delle parti originariamente stipulanti a vincolarsi al contenuto del contratto fino alla nuova negoziazione e sottoscrizione. La volontà di esprimere un termine finale è, quindi, chiaramente enunciata dalle parti contraenti.
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 3672 del 12 febbraio 2021
Il caso trae origine dalla successione tra due CCNL applicati dalla medesima azienda.
Nel caso di specie, uno dei sindacati firmatari del precedente CCNL ed alcuni lavoratori iscritti a tale sindacato agivano in giudizio per chiedere l’accertamento dell’inapplicabilità nei loro confronti del nuovo CCNL, in quanto non sottoscritto dal sindacato ricorrente.
In particolare, i ricorrenti rivendicavano l’applicazione del precedente CCNL, il quale espressamente prevedeva sia termini di durata specifici (diversi per la parte normativa e per quella economica), nonché una clausola di ultrattività che stabiliva comunque la propria vigenza sino alla stipulazione di un nuovo contratto.
I giudici di primo e secondo grado rigettavano le pretese dei ricorrenti.
In particolare, per i giudici di merito, era legittima la disdetta del precedente CCNL in quanto i termini di durata erano stati ampiamente superati «con conseguente venir meno di ogni vincolo temporale al mantenimento dei suoi effetti e conseguente applicabilità del principio di libera recedibilità previsto in materia contrattuale dall’art. 1373 cod. civ.».
Infatti, secondo i giudici, alla clausola di ultrattività citata andava «riconosciuto il limitato effetto di stabilire l’ultravigenza del CCNL, anche successivamente alla scadenza del termine contrattualmente previsto, sino alla stipulazione ad opera di una delle parti di un qualsivoglia nuovo contratto collettivo, non necessariamente con le stesse parti originariamente contraenti». Pertanto, «una volta venuta meno la vigenza del precedente CCNL 23.11.2004, è legittima l’applicabilità del nuovo CCNL del 2012, contratto collettivo vigente a livello nazionale e al quale la società datrice aveva espressamente aderito».
La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, cassa con rinvio la decisione della corte di merito.
In primis, la Suprema Corte richiama, in via generale, la decisione delle Sezioni Unite (n. 11325/2005) per cui la disposizione dell’art. 2074 cod. civ. – sulla perdurante efficacia del contratto collettivo scaduto, fino a che non sia intervenuto un nuovo regolamento collettivo – non si applica ai contratti collettivi post-corporativi che, costituendo manifestazione dell’autonomia negoziale privata, sono regolati dalla libera volontà delle parti cui soltanto spetta stabilire se l’efficacia di un accordo possa sopravvivere alla sua scadenza. Di conseguenza, la cessazione dell’efficacia dei contratti collettivi, coerentemente con la loro natura pattizia, dipende dalla scadenza del termine ivi stabilito.
Sulla scorta di tale principio e venendo al caso di specie, per la Corte di Cassazione «poiché la scadenza del contratto non può che essere quella fissata specificamente e chiaramente dalle parti collettive, la previsione della perdurante vigenza fino alla nuova stipulazione ha il significato della previsione, mediante la clausola di ultrattività, di un termine di durata, benché indeterminato nel “quando”, atteso che il contratto collettivo di diritto comune è regolato dalla libera volontà delle parti, che possono in tal modo regolare gli effetti del contratto scaduto quanta al termine di efficacia previsto nella prima parte della stessa norma».
Di conseguenza, nel caso di specie la Corte di merito ha, invece, erroneamente richiamato principi e precedenti giurisprudenziali che fanno riferimento a fattispecie diverse, quelle in cui manca un termine di durata o nelle quali le parti abbiano espressamente previsto una durata indeterminata del contratto.
Tali principi, prosegue la Corte di Cassazione, «non possono regolare un’ipotesi, come quella in esame, in cui la clausola di ultrattività ha previsto un termine finale correlate ad una nuova negoziazione, secondo il principio generale nelle obbligazioni da contratto per cui il criterio distintivo tra termine e condizione va ravvisato nella certezza e/o nell’incertezza del verificarsi di un evento futuro che le parti hanno previsto per l’assunzione di un obbligo o per l’adempimento di una prestazione, per cui ricorre l’ipotesi del termine quando detto evento futuro sia certo, anche se privo di una precisa collocazione cronologica, purché risulti connesso ad un fatto che si verificherà certamente (cfr. Cass. n. 4124 del 1991)».
E così, conclude la Suprema Corte, «la locuzione “fino alla sottoscrizione del nuovo CCNL” sta a indicare la volontà delle parti originariamente stipulanti a vincolarsi al contenuto del contratto sottoscritto fino alla nuova negoziazione e sottoscrizione. La volontà di esprimere un termine finale è chiaramente enunciata dalle parti contraenti».
Pertanto, la Corte di Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, rimettendo alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione la valutazione circa la legittimità della disdetta del CCNL, valutazione da effettuarsi alla stregua dei principi sopra richiamati.