Pubblicato su Sole24Ore – Nt Lavoro – il 07/04/2025
Il principio di irriducibilità della retribuzione ex articolo 2103 cod. civ. non consente per il futuro la conservazione di voci retributive di fonte collettiva nel patrimonio individuale del lavoratore, in ipotesi di recesso del datore di lavoro – nel caso di specie, un’organizzazione sindacale – dal contratto collettivo.
Così la Corte di cassazione, con l’ordinanza 8150 del 27 marzo 2025.
Il caso trae origine dalla revoca datoriale di un emolumento corrisposto a titolo di «superminimo non assorbibile» previsto da due accordi collettivi, entrambi disdetti dalla datrice di lavoro.
In sintesi, la società applicava un Ccnl di primo livello ad hoc, sostituito nel 1997, contestualmente alla cessione di un ramo d’azienda, dal Ccnl settore terziario, applicato sia ai dipendenti ceduti che a quelli rimasti in capo al cedente.
Per colmare le differenze retributive derivanti dalla modifica del Ccnl, la cedente e i dipendenti stipulavano un accordo di salvaguardia, recepito dalla cessionaria mediante un accordo aziendale integrativo, che prevedeva un emolumento corrisposto a titolo di «superminimo non assorbibile».
Successivamente, la cedente disdettava l’accordo di salvaguardia e la cessionaria disdettava l’integrativo e per l’effetto entrambe revocavano il relativo superminimo non assorbibile.
I dipendenti della cessionaria agivano in giudizio per vedere riconosciuto il diritto a continuare a percepire il predetto emolumento, negato sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello.
I dipendenti della cessionaria ricorrevano in cassazione, lamentando per quanto qui di interesse, la violazione degli articoli 2112 e 2103 cod. civ., per avere la Corte d’Appello ammesso la possibilità che sia ammissibile la riduzione dei livelli retributivi a seguito di trasferimento d’azienda ad altro soggetto che applica un contratto collettivo deteriore.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, richiamando in primis il proprio consolidato orientamento, per cui è applicabile ai dipendenti ceduti il contratto collettivo in vigore presso la cessionaria, anche se più sfavorevole, potendo trovare applicazione l’originario contratto collettivo nel solo caso in cui presso la cessionaria i rapporti di lavoro non siano regolamentati da alcuna disciplina collettiva (Cassazione 37291/2021).
Il medesimo orientamento, inoltre, evidenzia come l’articolo 3, numero 3, della Direttiva 2001/23 – per cui «dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante il contratto collettivo nei termini previsti da quest’ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell’entrata in vigore o dell’applicazione di un altro contratto collettivo» – mira ad assicurare il mantenimento di tutte le condizioni di lavoro conformemente alla volontà delle parti contraenti del contratto collettivo e ciò nonostante il trasferimento di impresa. Di conseguenza, tale disposizione non impone al cessionario di garantire il mantenimento delle condizioni di lavoro stabilite con il cedente oltre la data di scadenza del contratto collettivo.
La cassazione, inoltre, richiamando la sentenza della Corte di Giustizia sul caso Scattolon, ricorda che la direttiva 77/187 vieta che il trasferimento d’azienda consenta un trattamento retributivo deteriore al momento della cessione e «per il solo fatto del trasferimento», ma chiaramente non può impedire che, successivamente, la retribuzione dei lavoratori trasferiti possa essere influenzata dalle dinamiche contrattuali che ab externo la disciplinano.
Infine, sull’asserita violazione del principio di irriducibilità della retribuzione, la Corte rammenta che l’emolumento contestato era previsto da un contratto collettivo, come tale fonte «esterna» al rapporto di lavoro, sicché le sue clausole ben potevano essere modificate anche in peius da successivi contratti collettivi. Sotto diverso profilo, la clausola del superminimo può ritenersi incorporata nel contratto individuale di lavoro, quindi insensibile ai successivi mutamenti del contratto collettivo, solo se destinata a compensare determinate qualità professionali del dipendente o determinate mansioni oppure specifiche modalità di esecuzione della prestazione lavorativa.