Pubblicato su Sole24Ore – Nt Lavoro – il 04/12/2023
Il divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro in riferimento agli appalti “endoaziendali” opera ogni qual volta l’appaltatore svolge compiti di mera gestione amministrativa del rapporto, senza assunzione del rischio di impresa né organizzazione della prestazione.
Così ha stabilito la Corte di cassazione, con l ’ordinanza 32450 del 22 novembre 2023.
Il caso trae origine dal ricorso di un dipendente – assunto da una società appaltatrice in qualità di addetto alla pulizia delle stazioni e degli scali ferroviari nell’ambito di un contratto di appalto conferito da Trenitalia S.p.A. – il quale chiedeva accertarsi l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con Trenitalia, con condanna della stessa alla ricostruzione della posizione lavorativa e al pagamento delle differenze retributive da quantificarsi in separato giudizio.
In particolare, il ricorrente sosteneva di aver svolto prevalentemente attività di revisione e manutenzione dei carri sotto le direttive e con le attrezzature di Trenitalia, deducendo quindi l’esistenza di un’illecita interposizione di manodopera in violazione dell’articolo 1 legge 1369/1960.
La Corte d’Appello di Napoli, confermando la pronuncia del Tribunale, rigettava le pretese del ricorrente, in quanto non era stata dimostrata una diretta gestione del rapporto di lavoro in oggetto da parte della committente.
Il lavoratore ricorreva in cassazione, sostenendo in particolare che Trenitalia avesse ammesso rispetto al rapporto in controversia “uno sdoppiamento” di funzione per cui l’appaltatrice, formale datrice di lavoro, provvedeva alla gestione amministrativa del rapporto di lavoro mentre il controllo tecnico restava riservato alla committente, che giustificava tale “sdoppiamento” con il fatto che ragioni di sicurezza e la stessa natura pubblica del trasporto non consentivano che soggetti diversi da Trenitalia potessero impartire direttive tecniche e controllare l’esatta esecuzione del servizio.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso, rammentando che, in tale scenario, occorre distinguere l’ipotesi in cui i rapporti di lavoro dei dipendenti dell’appaltatore sono gestiti direttamente dal committente dall’ipotesi in cui il committente esercita solo i poteri di controllo sull’esecuzione del servizio appaltato espressamente distinto e che non può ritenersi preclusa al committente una verifica, secondo modalità predeterminate, dell’esecuzione del servizio. A tal proposito, il Giudice di merito ha ritenuto di ricondurre a tale ultimo ambito i poteri esercitati da Trenitalia nel caso di specie e ciò sulla base di un accertamento di fatto insuscettibile di essere rivisitato dalla Suprema Corte.
Ciò premesso, la Cassazione evidenzia come il parametro al quale il giudice di merito ha ancorato l’esclusione della illecita intermediazione di manodopera appare del tutto condivisibile in quanto coerente con la giurisprudenza di legittimità per cui, con riferimento agli appalti ‘endoaziendali’, caratterizzati cioè dall’affidamento ad un appaltatore di attività strettamente inerenti al complessivo ciclo produttivo del committente, il divieto di intermediazione ed interposizione «opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo, né una assunzione di rischio economico con effettivo assoggettamento dei propri dipendenti al potere direttivo e di controllo (Cass. 15557/2019, Cass. 27213/2018, Cass. 7820/2013, Cass. 5648 /2009, Cass. 18281/2007, Cass. 14302/2002)».