Pubblicato su Sole24Ore – Nt Lavoro – il 19/10/2023
“Non si può escludere che il trattamento determinato dai Ccnl possa risultare inadeguato”
La volontà delle parti sociali è sempre sottoposta alla verifica di conformità dell’articolo 36 della Costituzione, così come accade anche per le scelte del legislatore ordinario.
Così il Tribunale di Bari, con la sentenza 2720/2023 del 13 ottobre.
Nel caso specifico, il ricorrente lamentava differenze retributive a fronte dell’applicazione al suo rapporto di lavoro dei minimi tabellari del Ccnl vigilanza privata – sezione servizi fiduciari, che prevedeva una retribuzione lorda mensile di 930 euro per 40 ore lavorative settimanali.
Il Tribunale, in via di premessa, ribadisce la propria competenza a pronunciarsi sulla conformità costituzionale dei minimi tabellari, rammentando come l’art. 36 Cost. costituisca un fondamentale punto di riferimento sia per il legislatore che per la contrattazione collettiva, nonché un indubbio limite alla facoltà di determinazione del trattamento retributivo da parte di quest’ultima.
A tal proposito, la circostanza per cui sia la giurisprudenza che la legge (es. art. 1, co. 1, D.L. 338/1989 conv. L. 389/1989) facciano riferimento alla contrattazione collettiva per dare un contenuto concreto a tale principio costituzionale non esclude la legittimità del controllo giudiziale.
Per il Tribunale, infatti, la proporzionalità e la sufficienza a cui fa riferimento la norma costituzionale rappresentano concetti autonomi e ben distinti dalla volontà delle parti sociali che si esprime nella contrattazione collettiva.
Di conseguenza, la volontà delle parti sociali non vale di per sé ad escludere il sindacato giurisdizionale di conformità all’art. 36 Cost.. Al contrario, per il Tribunale barese è possibile e doveroso, in ragione dell’indubbia preminenza Costituzionale nella gerarchia delle fonti, mettere in discussione la volontà delle parti sociali «così come accade anche per le scelte del legislatore ordinario».
Per tali ragioni, non può escludersi che il trattamento retributivo determinato dalla contrattazione collettiva – pur dotata di ogni crisma di rappresentatività e rispettosa dell’art. 7 comma 4 D. L. 248/2007, ove applicabile – possa risultare in concreto lesivo del principio di proporzionalità del corrispettivo alla quantità e qualità del lavoro prestato e/o di sufficienza ad assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Ciò chiarito e passando al quantum, gli indici che per primi hanno orientato la valutazione della giurisprudenza di merito ai fini della determinazione del giusto salario minimo costituzionale sono stati l’importo della retribuzione prevista per mansioni analoghe da altri CCNL ed il tasso soglia di povertà assoluta.
Per il Tribunale, il ricorso a fini parametrici al trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini e per mansioni analoghe è considerato «criterio fondamentale per valutare proporzionalità e sufficienza» della retribuzione, mentre il tasso soglia ISTAT di povertà assoluta costituisce semplicemente una soglia al di sotto della quale si deve dubitare seriamente della sufficienza di una retribuzione a tempo pieno.
Gli altri criteri che si sono affiancati a tali due indici hanno in comune il fatto di consistere in un valore monetario scelto dal legislatore a vari fini, ma con la chiara intenzione di stabilire il discrimine tra reddito sufficiente e insufficiente per le esigenze fondamentali della vita, tra cui l’importo del reddito di cittadinanza e l’importo retributivo dell’offerta congrua al cui rifiuto consegue la perdita del suddetto beneficio.
Nel caso di specie, la retribuzione percepita dal ricorrente risultava sensibilmente inferiore ai minimi retributivi previsti dai CCNL previsti per mansioni simili e l’importo netto corrisposto era inferiore al tasso soglia di povertà assoluta, alla soglia di reddito ISEE per l’accesso al reddito di cittadinanza e all’offerta congrua ex art. 4 D.L. 4/2019.
Stante quanto sopra, il Tribunale dichiarava l’inadeguatezza della retribuzione corrisposta al ricorrente rispetto al parametro costituzionale dell’art. 36 Cost.
Infine, per l’individuazione del trattamento retributivo rispettoso del precetto costituzionale, il Tribunale ricorreva ai minimi tabellari del CCNL per i dipendenti da Proprietari di Fabbricati, ritenuto, anche alla luce degli importi previsti dal legislatore per il beneficio assistenziale del reddito di cittadinanza, un parametro «coerente, congruo e ragionevole ai fini di determinare una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato dal ricorrente e sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa».