Pubblicato su Sole24Ore – Nt Lavoro – il 05/09/2023
Il danneggiato che abbia transatto la lite può sempre chiedere il risarcimento dei danni alla persona manifestatisi successivamente e non prevedibili al momento della transazione, quand’anche le parti abbiano fatto riferimento in transazione ai danni futuri.
Così la Corte di cassazione, con l’ordinanza 25603 del 1° settembre 2023.
Il caso trae origine dall’infortunio sul lavoro occorso a un dipendente, oggetto di transazione stragiudiziale con la società datrice di lavoro. Successivamente, il lavoratore agiva in giudizio per l’accertamento dell’imprevedibile aggravamento delle proprie condizioni di salute e il conseguente diritto al risarcimento dei danni subiti.
La Corte d’appello, confermando la sentenza del Tribunale, rigettava le pretese dell’appellante rilevando che non avesse fornito nel corso del giudizio di primo grado alcuna prova circa il preteso imprevedibile aggravamento delle proprie condizioni di salute post transazione.
Avverso le pronunce dei giudici di merito, il lavoratore ricorreva in cassazione.
La Corte di legittimità, in via di premessa e richiamando il proprio consolidato orientamento, rileva come il danneggiato che abbia transatto la lite può sempre chiedere il risarcimento dei danni alla persona manifestatisi successivamente e non prevedibili al momento della transazione, quand’anche le parti abbiano fatto riferimento in transazione ai danni futuri.
A tal fine, il ricorrente ha l’onere di individuare specificamente gli elementi idonei a consentire la revisione della liquidazione del danno a causa di aggravamenti successivi e sopravvenuti alla formazione del giudicato, che devono necessariamente essere riconducibili:
«(a) ad un’obiettiva impossibilità di accertare, al momento della prima liquidazione, fattori attuali capaci, nell’ambito di una ragionevole previsione, di determinare l’aggravamento futuro;
(b) all’impossibilità, ancora con riferimento alla prima liquidazione, di prevederne gli effetti;
(c) all’insussistenza di un evento successivo avente efficacia concausale dell’aggravamento».
Nel caso di specie, il ricorso è stato rigettato in quanto il lavoratore non aveva fornito la prova dell’imprevedibilità del danno subito che si sarebbe aggravato. A tale scopo, la Corte rammenta che non è sufficiente la patologica evoluzione successiva all’accordo transattivo, occorrendo dimostrare che essa fosse anche imprevedibile al momento della sottoscrizione dell’accordo.
La Cassazione respinge l’asserita violazione dei criteri di riparto dell’onere della prova lamentata dal ricorrente, rilevando che l’imprevedibilità dei danni futuri deve ritenersi requisito costitutivo della domanda di risarcimento e come tale deve essere allegato e provato da parte di chi agisce in giudizio in entrambe le sue componenti, l’aggravamento e l’imprevedibilità al momento della liquidazione.
Per la Cassazione si tratta di principi particolarmente consoni al tema dei danni alla persona coperti dalla transazione e alla sua normale efficacia preclusiva, altrimenti esposta a ogni genere di revisione postuma, con lo spostamento di una difficile prova a carico del convenuto che nulla potrebbe sapere dell’aggravamento subito dalla vittima e della sua prevedibilità o meno.