“Qualora il rapporto di agenzia pendente sia sciolto per fatto concludente, con il provvedimento di esclusione dei crediti ad esso relativi dallo stato passivo del fallimento del preponente, l’agente ha diritto di esserne ammesso per i crediti maturati a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e suppletiva di clientela”.
Così la Corte di cassazione, con la sentenza n. 10046 del 14 aprile 2023.
Il caso affrontato con la pronuncia in esame trae origine dall’impugnazione, da parte di un agente, dell’ordinanza che cristallizzava lo stato passivo del fallimento della società per la quale svolgeva la propria attività, a cui lo stesso era stato ammesso con riguardo a crediti provvigionali ma escluso per tutti gli altri emolumenti ed in particolare per l’indennità suppletiva di clientela e di mancato preavviso.
Secondo il Tribunale, l’esclusione di dette indennità era motivata dallo scioglimento ope legis del contratto di agenzia per il fallimento del preponente dovuto dall’inapplicabilità, attesa la natura fiduciaria del rapporto di preposizione, della regola generale di sospensione dei rapporti pendenti sancita dall’art. 72 del R.D. n. 267 del 16 marzo 1942 (c.d. Legge Fallimentare) secondo il quale l’esecuzione del contratto, di cui una delle parti è dichiarata fallita, rimane sospesa fintanto che la curatela, autorizzata dal comitato dei creditori, non dichiari di volervi subentrare.
Così decidendo, il Tribunale assimilava il rapporto di agenzia al contratto di mandato, applicandovi, pertanto, l’art. 78 della citata legge – il quale prevedeva, prima della riforma, lo scioglimento del contratto in caso di fallimento di una delle due parti.
La Corte di Cassazione, investita della questione, dopo aver riconosciuto la discordanza delle posizioni in giurisprudenza e dottrina circa l’applicabilità al rapporto di agenzia dell’art. 72 ovvero dell’art. 78 della Legge fallimentare, ha ribadito quelli che sono i caratteri distintivi ai fini della classificazione di un rapporto come mandato e come agenzia, individuabili nella stabilità e nella natura dell’incarico. Il contratto di agenzia, infatti, prevede l’esecuzione di un’attività in maniera stabile e continuativa a differenza del contratto di mandato che concerne un’attività svolta senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica.
Dunque, prosegue la Corte, al contratto di mandato possono applicarsi in via analogica solo quelle disposizioni relative al contratto di agenzia che non postulino un carattere stabile e predeterminato del rapporto (es. relative alle provvigioni) e non anche quelle che lo presuppongano, come le indennità legate alla cessazione del rapporto di lavoro (preavviso e suppletiva di clientela).
La Corte conclude chiarendo altresì che, quand’anche fosse ritenuta applicabile al rapporto di agenzia la disciplina prevista per il contratto di mandato dall’art. 78 L. fall., applicabile ratione temporis, comunque lo scioglimento del contratto, ipso iure, avverrebbe solo in caso di fallimento del mandatario (dunque dell’agente) e non anche del mandante, ovvero del preponente.