Pubblicato su Sole24Ore – NT Lavoro – il 01/11/2022.
Per la legittimità del licenziamento per soppressione del posto di lavoro e l’accertamento dell’impossibilità di repêchage va verificata l’assenza di posizioni lavorative corrispondenti alle mansioni di fatto assegnate al lavoratore e da lui svolte.
Nel caso deciso dalla Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 30950 del 20 ottobre 2022, il lavoratore licenziato per soppressione della posizione contrattualmente assegnata di impiegato amministrativo, contestava la legittimità del provvedimento sostenendo di aver ricoperto, di fatto, il ruolo di responsabile di filiale, riconducibile a un livello di inquadramento superiore e mai soppresso.
Il Tribunale accoglieva le pretese del lavoratore mentre la Corte di appello, pur confermando il diritto al superiore inquadramento e le relative differenze retributive, riteneva legittimo il licenziamento rilevando la sussistenza della riorganizzazione e la soppressione della posizione di impiegato amministrativo.
Per la Corte territoriale, infatti, l’impossibilità di repêchage era stata correttamente verificata con riferimento alle mansioni contrattualmente previste e non si estendeva al diverso inquadramento accertato in giudizio, in quanto successivo al licenziamento.
Investita della questione, la Corte di cassazione reputa contradditorio il ragionamento seguito dalla Corte territoriale, che prima riconosce lo svolgimento da parte del lavoratore di mansioni riconducibili a un diverso e superiore inquadramento contrattuale, ma poi non ne tiene conto nell’ambito della verifica della possibilità di ricollocamento in azienda.
Per la Cassazione, infatti, la legittimità del licenziamento per soppressione del posto di lavoro e l’accertamento dell’impossibilità di repêchage impongono al giudicante di verificare «che non vi erano posizioni lavorative che corrispondessero alle mansioni di fatto assegnate al lavoratore e da lui svolte».
In merito alla legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la cassazione rammenta che l’articolo 3 della legge 604/1966 richiede la soppressione del settore lavorativo o reparto o posto a cui era assegnato il lavoratore, non essendo necessaria la soppressione di tutte le mansioni precedentemente attribuite al medesimo e la riferibilità di tale soppressione a scelte datoriali dirette a incidere su struttura e organizzazione dell’impresa.
Sotto diverso profilo, la legittimità del licenziamento presuppone altresì l’impossibilità di ricollocamento del lavoratore in esubero in mansioni diverse, elemento inespresso a livello normativo ma giustificato dalla tutela costituzionale del lavoro.
La Corte conclude ricordando che l’onere di provare i requisiti citati è a carico del datore di lavoro, che può ricorrere anche a presunzioni, restando escluso un onere di allegazione dei posti assegnabili in capo al lavoratore.