La richiesta di differimento dell’audizione orale, formulata dal lavoratore sottoposto a procedimento disciplinare, può essere rifiutata dal datore se il dipendente non prova l’impossibilità di allontanarsi da casa.
Cassazione Civile, sez. lav., 17 gennaio 2020, n. 980
Con la sentenza n. 980 del 17 gennaio 2020, la Corte di Cassazione chiarisce che l’invio da parte del dipendente di un certificato medico non è, di per sé, sufficiente per ottenere il differimento dell’incontro per presentare oralmente le proprie difese, nell’ambito di un procedimento disciplinare avviato nei suoi confronti.
Nel caso in esame, il dipendente aveva proposto ricorso per Cassazione lamentando, tra i vari motivi, anche la lesione del diritto di difesa, per non aver la datrice di lavoro (ulteriormente) differito, in virtù del suo stato di malattia, la data dell’audizione orale dallo stesso richiesta procedendo, così, all’irrogazione della sanzione disciplinare senza averlo sentito a difesa.
La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame non accoglie tale motivo di ricorso, sulla base del seguente principio di diritto: “La mera allegazione, da parte del lavoratore, ancorché certificata, della condizione di malattia non può essere ragione di per sé sola sufficiente a giustificarne l’impossibilità di presenziare all’audizione personale richiesta, occorrendo che egli ne deduca la natura ostativa all’allontanamento fisico da casa (o dal luogo di cura), così che il suo differimento a una nuova data di audizione personale costituisca effettiva esigenza difensiva non altrimenti tutelabile”.
Nel caso di specie, infatti, i Giudici hanno accertato la mancata allegazione, da parte del dipendente, di una condizione di malattia ostativa al proprio allontanamento da casa, legittimando così il rifiuto della società al differimento dell’audizione orale.
Peraltro, secondo gli Ermellini, nel caso in esame il datore di lavoro ha dato prova di aver rispettato il diritto di difesa del lavoratore, avendo “fissato una data per l’audizione personale richiesta dal lavoratore, rinnovandola per la sua mancata presentazione alla prima a causa per malattia, preavvertendolo della propria esigenza di esaurire con la seconda data il procedimento disciplinare rispetto alla previsione della contrattazione collettiva, invitando il lavoratore alla comunicazione di ulteriori giustificazioni scritte, dal predetto non inoltrate”.
Da quanto precede, rileva la Suprema Corte, non “può essere sottaciuto il comportamento di correttezza e buona fede della società datrice”.