Pubblicato su Sole24Ore – Nt Lavoro – il 23/02/2024
“La plurima e prolungata richiesta di lavoro supplementare e straordinario, con manifesta adesione del lavoratore, determina una novazione contrattuale”.
La continuativa prestazione di un orario corrispondente a quello previsto per il lavoro a tempo pieno può determinare la trasformazione da un originario contratto part-time ad un full-time per facta concludentia.
Così la Corte di cassazione, con la sentenza n. 4350 del 19 febbraio 2024.
Nel caso di specie, il dipendente adiva l’autorità giudiziaria per il riconoscimento della trasformazione, di fatto, del proprio contratto di lavoro a tempo parziale in contratto a tempo pieno.
La Corte d’appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, accoglieva le istanze del ricorrente richiamando la giurisprudenza di legittimità che ammette la novazione del rapporto per facta concludentia.
In particolare, la Corte sarda rilevava che quando il ricorso al lavoro supplementare è costante non può parlarsi di lavoro ulteriore occasionale.
Al contrario, la plurima e prolungata richiesta datoriale di lavoro supplementare e straordinario, con la manifesta adesione del lavoratore, determina una novazione contrattuale avente a oggetto l’orario di lavoro – componente essenziale nel rapporto part-time – con conseguente applicazione della disciplina del contratto a tempo pieno, attesa l’intervenuta modificazione delle originarie pattuizioni contrattuali.
La società ricorreva in cassazione, sostenendo che il pagamento delle maggiorazioni per il lavoro supplementare e straordinario escludeva, quantomeno in capo a parte datoriale, la volontà novativa indispensabile ai fini dell’operatività della novazione, cosiddetto animus novandi. Inoltre, la società sosteneva che al superamento dell’orario individuale di lavoro può essere riconosciuto rilievo novativo solo in assenza di pagamento delle relative maggiorazioni e in presenza di un ricorso al lavoro supplementare non solo ripetuto nel tempo ma altresì esattamente costante.
Per la Corte di cassazione, accertato che le concrete modalità di svolgimento di un rapporto di lavoro, formalmente part-time, siano quelle tipiche del rapporto a tempo pieno, la determinazione delle spettanze del lavoratore in relazione ai vari istituti retributivi non può che risultare conforme a questa realtà. A tal proposito, la Corte rileva che la trasformazione da part-time a full-time non presuppone vincoli formali e procedimentali, avendo «il legislatore reso palese, da un lato, l’indubbio favore verso il lavoro a tempo pieno, e, dall’altro, il rilievo determinante da riconoscere al criterio dell’effettività come fonte dell’individuazione del trattamento dovuto al lavoratore».
Pertanto, trova applicazione il principio di corrispondenza del trattamento del lavoratore all’effettiva consistenza del proprio impegno allorquando si richieda il riconoscimento dei diritti del lavoratore per la propria attività, essendo decisivo non il negozio costitutivo del rapporto, ma il rapporto nella concreta attuazione dalla quale sorgono siffatti diritti.
Sulla scorta di tali principi, la giurisprudenza ha sempre ammesso la possibilità che un rapporto formalmente a tempo parziale si trasformi in rapporto a tempo pieno per effetto della continua prestazione di un orario di lavoro full-time, non occorrendo alcun requisito formale. In tal senso, non rileva l’accertamento dell’animus novandi una volta che sia stata dimostrata «la costante effettuazione di un orario di lavoro prossimo a quello stabilito per il lavoro a tempo pieno e del pari inconferente il richiamo alla disciplina codicistica in tema di conversione del contratto nullo» (Cass. 17774/2011).
E invero, la continuativa prestazione di un orario corrispondente a quello previsto per il lavoro a tempo pieno può determinare la trasformazione da un originario part-time ad un full-time attraverso la forma di comportamenti concludenti, il cui relativo accertamento è demandato al giudice del fatto.
In applicazione dei principi suesposti, la Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando la sentenza della Corte d’appello.