La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, illustra quando è legittimo circoscrivere il licenziamento collettivo ai lavoratori adibiti ad una sola unità produttiva
Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza 5 ottobre 2020 n. 21306
Il licenziamento collettivo per riduzione di personale può interessare solo gli addetti ad un determinato reparto o settore a condizione che ricorrano oggettive esigenze tecnico-produttive, coerenti con le indicazioni contenute nella comunicazione ex art. 4, co. 3, L. n. 223/1991, e che il datore provi il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata.
Così la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 21306 del 5 ottobre 2020.
Nel caso di specie, la Corte di Appello di Napoli, riformando la sentenza di primo grado, dichiarava illegittimo il licenziamento intimato dalla società nell’ambito della procedura di licenziamento collettivo che aveva interessato una sola unità produttiva, con condanna a reintegrare il dipendente e a pagare un’indennità risarcitoria di 12 mensilità.
In particolare, secondo la Corte d’Appello, il licenziamento intimato era affetto da violazione procedurale in quanto la comunicazione di cui all’art. 4, comma 3, legge 223 del 1991, pur avendo illustrato lo stato di crisi economica di tutte le attività svolte nella provincia di Napoli dovuta alla perdita di un importante cliente e alla riduzione progressiva di una commessa, non aveva messo in luce la situazione specifica del personale delle altre unità produttive «necessaria ai fini della valutazione della infungibilità e dedotta obsolescenza delle mansioni svolte dagli addetti alla sede in crisi, con conseguente assenza di giustificazione della limitazione della platea dei lavoratori da licenziare in una sola sede della società, violazione dei criteri di scelta e applicazione della tutela reintegratoria».
Avverso tale sentenza la società ricorreva in Cassazione che, con l’ordinanza in esame, ha confermato la sentenza della Corte di merito.
Gli Ermellini hanno rilevato come il datore possa circoscrivere ad una unità produttiva la platea dei lavoratori da licenziare, a condizione però che la comunicazione ex art. 4, co. 3, L. n. 223/1991 indichi «sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, ciò al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti».
Al contrario, «qualora nella comunicazione si faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati sono illegittimi per violazione dell’obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali (cfr. Cass. n. 4678 del 2015 cit.)».
E così, continua la Suprema Corte, «come anche recentemente ribadito da questa Corte (cfr. Cass. n. 981 del 2020, Cass. n. 14800 del 2019), la delimitazione della platea dei lavoratori destinatari del provvedimento di messa in mobilità o di licenziamento è condizionata agli elementi acquisiti in sede di esame congiunto nel senso cioè che, ove non emerga il carattere infungibile dei lavoratori collocati in CIGS o comunque in difetto di situazioni particolari evidenziate sempre in sede di esame congiunto, la scelta deve interessare i lavoratori addetti all’intero complesso».
Pertanto, qualora il piano di ristrutturazione si riferisca ad una sola unità produttiva o ad un settore dell’azienda «la comparazione dei lavoratori, al fine di individuare quelli da avviare alla mobilità, può essere limitata agli addetti all’unità o al settore da ristrutturare, in quanto ciò non sia l’effetto dell’unilaterale determinazione del datore di lavoro, ma sia obiettivamente giustificato dalle esigenze organizzative fondanti la riduzione del personale (Cass. n. 2429 del 2012; Cass. n. 22655 del 2012; Cass. n. 203 del 2015)».
Tuttavia, la decisione di restringere la platea dei lavoratori da comparare deve essere specificatamente motivata nella comunicazione ex art. 4, co. 3, L. n. 223/1991 «onde consentire alle OO.SS. di verificare il nesso fra le ragioni che determinano l’esubero di personale e le unità lavorative che l’azienda intenda concretamente espellere (ex plurimis Cass. n. 32387 del 2019, Cass. n. 203 del 2015; Cass. n. 22825 del 2009; Cass. n. 880 del 2013)».