La Suprema Corte si pronuncia sul processo trifasico di individuazione del corretto livello di inquadramento dei lavoratori dipendenti
Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza n. 18692 del 9 settembre 2020
La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 18692 del 9 settembre 2020, si pronuncia sul processo che porta alla corretta determinazione del livello di inquadramento spettante a ciascun lavoratore dipendente.
Il caso trae origine dal ricorso di una lavoratrice per il riconoscimento di un livello contrattuale superiore a quello in concreto riconosciutole e delle relative differenze retributive e contributive.
In primo grado il Tribunale accoglieva il ricorso della dipendente, ma la sentenza veniva riformata in sede d’Appello.
Investita della questione, la Corte di Cassazione si pronuncia, tra l’altro, sul processo di individuazione del corretto livello di inquadramento.
Secondo i Giudici della Suprema Corte «il procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato si sviluppa in tre fasi successive».
Nello specifico, le tre fasi consistono «nell’accertamento in fatto delle attività lavorative concretamente svolte, nell’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto tra i risultati di tali due indagini».
I Giudici di piazza Cavour precisano, altresì, che al fine dell’osservanza di tale procedimento, è necessario che «pur senza rigide formalizzazioni, ciascuno dei suddetti momenti di ricognizione e valutazione trovi ingresso nel ragionamento decisorio, configurandosi, in caso contrario, il vizio di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c., per l’errata applicazione dell’art. 2103 c.c.».
Infine, secondo i Giudici della Suprema Corte, nell’interpretare le clausole del contratto collettivo relative alla classificazione del personale in livelli o categorie «va considerata la capacità connotativa e discriminatoria in concreto dei profili professionali contenuti nell’accordo». In particolare «ove gli stessi siano generici e suscettibili di assumere svariate concretizzazioni, allora è necessario integrare le indicazioni con le declaratorie di carattere generale della categoria, che assumono valore determinante circa l’effettiva portata degli specifici profili».
Nel caso in esame, la Corte di Cassazione ha ritenuto corretto il procedimento attuato dalla Corte d’Appello di «individuazione delle mansioni e di sussunzione di quelle in concreto accertate in quelle astrattamente descritte senza intercorrere, nell’interpretazione delle disposizioni collettive, in nessuna delle violazioni denunciate. Correttamente ha verificato i tratti caratteristici delle mansioni per poi verificare nel dettaglio l’esistenza degli elementi distintivi dei singoli profili. Secondo un procedimento che non è caratterizzato da rigidità, è andata dal generale al particolare di dettaglio del profilo ricostruendo secondo una logica che non si espone alle critiche mosse i tratti distintivi i ciascuna qualifica».
In virtù di quanto sopra, la Corte di Cassazione ha confermato la pronuncia della Corte d’Appello rigettando il ricorso della lavoratrice.