Pubblicato su Sole24Ore – NT Lavoro – il 26/06/2023
L’indennità di cessazione del rapporto ex articolo 1751 codice civile non è dovuta quando l’agente recede dal contratto per accedere alla pensione anticipata di vecchiaia.
Così la Corte di cassazione, con l‘ordinanza 17235 del 15 giugno 2023.
Nel caso di specie, l’agente si dimetteva nel 2015 dopo aver maturato il diritto alla pensione anticipata di vecchiaia e pretendeva il pagamento da parte del preponente dell’indennità suppletiva di clientela.
La Corte d’Appello, in riforma della pronuncia di primo grado, rigettava le pretese dell’agente ricordando che, ai sensi dell’articolo 1751 codice civile, l’indennità di cessazione non è dovuta in caso di recesso da parte dell’agente, salve le ipotesi di recesso giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività, quali «età, infermità o malattia». Inoltre, la Corte del gravame evidenziava come gli Accordi economici collettivi Commercio 2009, applicati al rapporto dell’agente, riconoscevano espressamente il diritto all’indennità suppletiva solo in caso di recesso dell’agente che accede alla pensione di vecchiaia e non anche alla pensione anticipata.
L’agente ricorreva in cassazione, sostenendo che la pensione anticipata di vecchiaia debba considerarsi rientrante nel novero delle «circostanze attribuibili all’agente, quali l’età» di cui all’articolo 1751 codice civile, trattandosi di un istituto finalizzato ad anticipare l’età anagrafica pensionabile in presenza di una rilevante anzianità contributiva. Sempre secondo l’agente, gli AEC Commercio 2009 non prevedevano espressamente il riconoscimento dell’indennità in caso di recesso per accedere alla pensione anticipata di vecchiaia perché questo istituto veniva introdotto legislativamente solo successivamente, nel 2011. Infine, la Corte avrebbe dovuto interpretare gli AEC Commercio 2009 anche tenendo conto del comportamento delle parti sociali che nel 2017, preso atto dell’introduzione dell’istituto della pensione anticipata, hanno previsto il diritto all’indennità anche in tale ipotesi.
La Suprema Corte, investita della questione, rigetta il ricorso dell’agente rilevando che la sentenza impugnata si è uniformata all’orientamento consolidato della cassazione, secondo cui al di fuori delle eccezioni di cui all’articolo 1751 codice civile, l’indennità suppletiva di clientela non è dovuta quando l’agente recede dal contratto. Al di fuori di tali eccezioni, infatti, il recesso dell’agente rappresenta per legge, sempre un fatto impeditivo del diritto all’indennità, anche in caso di maturazione del diritto alla pensione anticipata di vecchiaia. Infatti, l’utilizzo del termine “età” nell’articolo 1751 codice civile , accanto a quelli di “infermità” e “malattia”, rende evidente la ratio legis finalizzata a limitare il diritto all’indennità alle sole ipotesi caratterizzate da impedimento assoluto dell’attività, che giustifichi il recesso. In tale contesto, il riferimento all’età non può che richiamare il concetto di raggiunti limiti di età per il pensionamento di vecchiaia, ferma la possibilità delle parti di modificare la previsione in favore dell’agente. Infine, secondo gli Ermellini, la circostanza per cui le parti sociali nel 2017 abbiano espressamente esteso il diritto all’indennità anche in caso di accesso alla pensione anticipata depone logicamente in senso opposto a quanto preteso dall’agente, confermando la differente volontà precedente.